Ricchjiuni mpamu, devi sparire

Il figlio prediletto 01
La copertina del volume

La cosa che più mi ha colpito è la capacità di una scrittrice nata a Budrio (Bo) e attualmente residente a Pescara, di ragionare da calabrese o, più in generale, da persona del Sud. Certo non vuol dire che al Sud siano tutti così, certo ne Il figlio prediletto (il libro di cui stiamo parlando, edito da Neri Pozza) ci sono anche luoghi comuni ma Angela Nanetti, l’autrice, non è mai superficiale, non nè abusa mai per piegarli alle esigenze del racconto. È come se quelle cose le avesse vissute. È una condizione, si dirà a proposito di Annina, che succhi insieme al latte materno.

La seconda cosa che più mi ha colpito è il doppio registro del romanzo: un inizio potentissimo, che ti resta dentro e lo senti fisicamente; un finale un po’ tirato e macchinoso. Devo però dire che si arriva in fondo di corsa e la scena finale mi è piaciuta, perchè i conti si devono chiudere.

Nunzio è il figlio prediletto, è un ragazzo bellissimo e un calciatore promettente, è gay, ama Antonio con cui condivide lo spogliatoio (Antonio resterà nella storia del Paese – siamo in Aspromonte nei primi anni ’70 –  come “quello che fu ammazzato nella rapina”). Una situazione che la famiglia non può tollerare: deve andarsene! In Inghilterra, ufficialmente perchè chiamato da una squadra di calcio. Ma prima di metterlo su un treno, i fratelli e il padre gli hanno spezzato le ossa a una a una. Gli uomini d’onore non possono tollerare quel “peccato”. Nunzio e Antonio sono i “ricchjiuni mpamu”. Devono sparire, per sempre o il più lontano possibile.

Poi c’è Annina, la nipote di Nunzio, la pputtana: troverà nel teatro la forza di ribellarsi ad un futuro che altri avevano già scritto per lei. Anche lei fuggirà in Inghilterra dove riannoderà i fili con la storia di quello zio di cui nessuno parla volentieri. Non è facile la vita di Annina a Londra: quella condizione che ha succhiato con il latte materno, che è anche fonte di resilienza femminile in quel Sud ancora profondamente maschilista, la aiuterà a trovare la sua strada e a riconciliarsi con il mondo che si è lasciata alle spalle.

Poi c’è nonna Concetta, la mamma di Nunzio, che non si rassegna: vuole rivedere quel figlio prediletto, ma non si sbilancia mai. Non parla mai apertamente ma sembra sapere tutto. È quel tipo di donna chiamata a garantire la tenuta, il potere e l’onore della famiglia e della ndrina, mamma e capo allo stesso tempo, combattuta ma profondamente consapevole della sua scelta e del suo ruolo, che nemmeno l’amore verso il figlio riesce a mettere in discussione. Una figura controversa, anche se donne simili sono state ampiamente raccontate nella letteratura e nelle cronache. Da lei si inizia, da lei si finisce.

In mezzo c’è quell’Inghilterra che stava cambiando pelle, la Londra dei ristoranti italiani con le foto delle squadre di calcio alle pareti, dei gruppetti di ragazzi comunisti che lavorano all’integrazione dei migranti e organizzano scuole di inglese. La Londra degli artisti e della libertà, del liberismo della Tatcher e delle lunghe passeggiate al cimitero dove riposa Karl Marx. In quella Londra c’è Nunzio, ci mette anni e anni a tornare a sorridere,  a superare il ricordo dell’uccisione di Antonio, steso a faccia in gù come un Cristo in croce nello stazzo di Carminuccio. Nunzio, proprio quel giorno che si sente finalmente felice e ritrovato esce di casa…

Un bel libro! È rimasto sul comodino un bel po’  ma ne consiglio la lettura. Il mio voto? Tre stelle e mezza su cinque. Ha anche una delle caratteristiche che preferisco nella letteratura: il racconto di storie minori, di saghe familiari, di paesi piccoli e sconosciuti. Se amate questi ingredienti, Il figlio prediletto è quello che fa per voi.

 

Immagine in copertina: Foto di Hans Wurst da Pixabay 

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