La bestia social e l’indignazione per i gialloverdi

wood-3265727_640Mercoledì pomeriggio era eversivo il Comitato di Conciliazione pensato da Lega e M5S, mercoledì sera era eversiva la richiesta alla Bce di taglio del debito (specialmente per quei radical chic che hanno dimenticato le radici a sinistra di questo tema), giovedì era eversiva la proposta di inserire il vincolo di mandato (che, intendiamoci, non significa nè  vincolo di voto, nè vincolo di coscienza).

Non ho nessuna simpatia per i gialloverdi, per i gialli e per i verdi, ma abbiamo detto di voler stare alla democrazia, che pur con tutti i suoi limiti resta il migliore sistema per regolare le nostre vite. Vedremo cosa faranno, se riusciranno a chiudere il contratto; non è questo il tema del post. Mi hanno sorpreso due cose: il modo in cui viene affrontato il dibattito sui social e la totale indifferenza verso l’inedito percorso istituzionale che potrebbe portare alla formazione del governo gialloverde. Una innovazione della prassi costituzionale che comunque squarcia quel velo di ipocrisia sul ruolo del Presidente della Repubblica (che nomina il primo ministro, ma ha autonomia limitata, perchè non può non tenere conto delle indicazioni della maggioranza, cioè dell’elettorato) e anche sull’autonomia dei governi dalle maggioranze. Il Presidente della Repubblica non è un mero notaio, ma nemmeno molto di più. Il pacchetto lo chiudono Salvini e Di Maio, agli altri resterà solo lo spazio per le limature. Non saprei dire quanto dirompente sia questa modalità, mi pare meno parruccona e più trasparente rispetto al passato.

I social network

La cosa che, però, più mi ha sorpreso è il modo in cui è stato affrontato il dibattito su questi temi sui social network. La mia timeline continua a trasudare indignazione, ma la bestia social deve mangiare in continuazione e noi siamo pronti a cambiarci, ad adattarci, per buttare biada nella bocca di Twitter e Facebook. Ed ecco che un provvedimento eversivo genera indignazione a termine, appena esce fuori dai topic di tendenza serve indignazione fresca. In battuta: a Twitter servirebbe un premier ogni mezza giornata. Niente di nuovo, se non il fatto che a menare le danze dell’indignazione sono persone che conoscono bene il meccanismo dei social, sanno che queste modalità non sedimentano consapevolezza ma soltanto rabbia e disaffezione. Perchè allora partecipiamo  a questa gara al ribasso? Siamo tutti presi dalla tarantola del like, dal metterci in vetrina, dal non esimerci dal dire la nostra  anche quando non ha nessun effetto pratico.

Servirebbe più consapevolezza del ruolo pubblico che ognuno ha sui social network, più ecologia del linguaggio, più tempo per pensare e sedimentare convinzioni, less is more (detto da uno che sta facendo un post sul tema è paradossale, ma le contraddizioni sono il mio cibo preferito). Oppure niente di tutto questo: basterebbe limitarsi ad osservare da lontano il dibattito tra galli di un pollaio sempre più piccolo, che discettano di spread e fanno lacrimuccia perchè si chiede a Draghi di sterilizzare il debito, parlandosi (parlandoci) uno con l’altro in un circolo chiuso. Ho visto infranta anche la regola zero di chi fa politica: mai prendersela con gli elettori. 

Mai fu tanta la distanza tra elite e popolo (i barbari secondo il Financial Times). Le elite si indignano ogni sei ore  per una minaccia eversiva di cui frega niente ai molti,  i molti aspettano e osservano un dibattito impazzito con sempre meno mezzi per decodificare i fatti. Che poi è un po’ la fotografia uscita dalle urne.

Ps:  non dico che il popolo è fatto di anime candide e gli altri tutti cattivi col culo al caldo nella villa sui colli, tutt’altro! Magari  il popolo è lì a propalare bufale sui vaccini o sui 35 euro al giorno ai migranti. E’ il meccanismo che non funziona più, è il rapporto intellettuali-popolo che si è guastato e andrebbe rifondato su altre basi e su altri mezzi. Una volta sarebbe accaduto che il più consapevole si sarebbe fermato prima di quello inconsapevole, è ancora così?

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